Confronti internazionali

USA

 

L’approccio regolatorio statunitense è fondamentalmente differente da quello europeo, ed ispirato dalla convinzione che un carico eccessivo di regole sia dannoso per l’industria e l’effettiva libera concorrenza. La Federal Communications Commission (FCC), peraltro, ha anche recentemente ribadito che se da un lato si cercherà di evitare la imposizione di obblighi eccessivamente invasivi, quali la condivisione delle reti, al tempo stesso si rende necessaria la definizione di un nuovo quadro normativo; ciò anche con riferimento al recente National Broadband Plan.
Inoltre, la visione dominante negli USA è quella di una competizione basata sulle infrastrutture piuttosto che una service-based competition: l’Autorità nazionale dovrebbe favorire lo sviluppo e la competizione di tecnologie differenti e tra loro concorrenti (fibra, mobile, cavo, satellite, …), anziché contenere l’operatore dominante in una certa tecnologia in quanto ciò porterebbe maggiori benefici al mercato.
Numerosi studi condotti sulla materia hanno concluso che i costi associati a separazioni strutturali della rete d’accesso sarebbero superiori ai correlati benefici, senza contare che la nuova rete d’accesso in fibra rende più problematico, per motivazioni di ordine tecnico, un obbligo di unbundling rispetto alla tradizionale rete di accesso in rame. La bontà dell’approccio USA è confermata dal tasso di sviluppo delle nuove reti, decisamente più elevato rispetto a Paesi, quali quelli dell’Unione Europea, caratterizzati da approcci regolamentari più invasivi.  
Negli Stati Uniti, comunque, vi sono stati casi di imposizione di separazioni forzate da parte delle Autorità nei confronti di società ritenute dominanti sul mercato.
Il caso più famoso risale al 1984 e riguarda la separazione della AT&T in un carrier di lunga distanza ed in sette Regional Bell Operating Companies (RBOCs). Crandall, Eisenach e Litan notano che “neither experiment was successful. The breakup of AT&T into separate local and long-distance companies which were prohibited from entering each other’s markets slowed the development of competition while imposing significant efficiency costs.Ultimately, vertical integration was reintroduced, as the RBOCs were permitted to offer long-distance services and the two major long-distance firms, AT&T and MCI, were purchased by AT&T’s divested local carriers, SBC and Verizon.”1
Il Telecommunications Act del 1996 prevedeva, nella Section 251, un obbligo di unbundling per tutti gli elementi di rete necessari agli OLO per competere. Tale obbligo era accompagnato da una serie di misure atte a garantire il rispetto dei principi di non discriminazione. Ad un successo di tipo commerciale, con una crescita delle linee in unbundling, si accompagnò però la crisi economica di molti Operatori entrati sul mercato senza i necessari mezzi finanziari; le successive richieste avanzate all’Autorità di separazione verticale della rete non furono accolte. 
Significativo è anche il recente confronto tra la FCC e la Comcast, la più grande azienda statunitense del cavo: l’Autorità ha cercato di imporre regole sulla gestione della rete di proprietà dell’Operatore, ma una sentenza del 2010 della Corte d’appello del District of Columbia ha accolto le ragioni della Comcast che sostiene da anni di avere il diritto di gestire la propria rete senza vincoli regolamentari, in considerazione degli ingenti investimenti effettuati.

1 Robert W. Crandall, Jeffrey A. Eisenach, Robert E. Litan: “Vertical Separation of Telecommunications Networks: Evidence from Five Countries”, FEDERAL COMMUNICATIONS LAW JOURNAL, Vol 62, 2010.
 http://www.fclj.org/volumes/volume-62-2009-2010/issue-3/